Nel calcio, come nella vita, conta il presente. Del passato abbiamo ricordi, belli o brutti che siano; del futuro abbiamo le paure e le speranze. Ma esiste solo il presente ed è con quello che dobbiamo fare i conti. Il passato vive nella nostra memoria, nella somma dei nostri ricordi che siamo noi e a volte anche nella memoria collettiva che diventa „storia“. Il nostro Milan ha una grandissima storia, fatta di sconfitte e vittorie, trofei e retrocessioni, campioni e pippe e lo stesso nostro Milan fa parte della nostra personale storia che si chiama biografia. Anche essa fatta di vittorie e sconfitte, ma a libera interpretazione: per ogni divorzio esistono due versioni differenti, figurarsi nel caso di una partita di calcio: i juventini avranno ricordi ben diversi di Manchester 2003. Ma quel che conta è il presente, ogni gobbo sulla terra risponderà ad una mia battuta sulla Champions alzata in faccia a loro che sono anni che arranchiamo dietro a loro in campionato. Ci mancherebbe altro.
La questione che divide il popolo Milanista più di ogni altra cosa è il presidente Berlusconi, una spaccatura culminata nella famosa distinzione fra tifosi „evoluti“ e „non evoluti“ come il Signor Galliani ha osato descriverla. Sbagliando, perché non sta di certo a lui giudicare i pensieri dei tifosi. Senza i tifosi, il Milan sarebbe una squadra di calcetto fra amici che si trovano al campetto i giovedì sera e che devono spiegazioni semmai solo alle loro fidanzate. Senza i tifosi, non ci sarebbero centinaia di milioni di fatturato da sperperare e di certo non esisterebbe la figura di un Galliani. Per fortuna i tifosi esistono e il loro amore è quello che crea il Milan, crea campioni, crea fatturato, crea sponsor, crea lo stadio, crea tutto quello che è il Milan. O il calcio. E tutti questi tifosi hanno una memoria, un presente, e paure o speranze per il futuro.
Il presente è che stasera affrontiamo l’Alessandria in Coppa Italia, una competizione che in realtà non ha mai entusiasmato nessuno, ma rimane l’unico obiettivo credibile di questa stagione. Molto probabilmente non la alzeremo in faccia ai gobbi, ma perlomeno dopo tanto tempo ci giochiamo una finale. In campo scendiamo con due giocatori che un passato non l’hanno mai avuto, Balotelli e Menez, due promesse mai mantenute. In panchina si siederà Sinisa „dead man walking“ Mihajlovic, allenatore che ci lascerà a fine campionato, nonostante sia l’unico ad essere riuscito nella impresa di prendere una rosa senza capo né coda, inventata al volo e a suon di „occasioni di mercato“, e darle una impronta di gioco, una faccia. Ma Mihajlovic non piace al presidente e la storia insegna cosa succede se uno non piace al presidente, non è che me la devo inventare. Stasera, tutti insieme ci qualificheremo per una finale che sarà la sua ultima partita; subito dopo il fischio finale possiamo litigare a proposito delle nostre speranze per il futuro. Ma di certo una finale di Coppa Italia non vale una di Champions League.
Il nostro presidente Berlusconi vorrebbe giocare due finali di quest’ultima nei prossimi cinque anni. Non ci ha purtroppo spiegato come pensa di arrivarci: uomo di calcio qual è saprà meglio di noi che la squadra così com’è difficilmente si qualificherà per una Champions. Di allenatori ne abbiamo provati in serie, con risultati simili negli ultimi anni. Non abbiamo uno stadio di proprietà , anche se con i loro incassi società di tutto il mondo ci superano a destra e sinistra. Non abbiamo una rete di osservatori per creare una squadra giovane e con prospettiva anche senza gli introiti di un nostro stadio. Non abbiamo la pazienza di seguire un ipotetico progetto di ricostruzione e non abbiamo questo progetto. In realtà abbiamo solo il passato, glorioso, ci mancherebbe altro. Non abbiamo la minima idea su come creare un futuro e viviamo il presente in perenne modus „cerchiamo di arrangiarci“ con quel che abbiamo. Tipo quando si fa male Kucka metteremo Poli.
La storia del Milan è indelebile e il presidente Berlusconi ne avrà un posto glorioso come il presidente più vincente, quello che ci ha salvato sull’orlo del baratro e portato in cima al mondo: un pezzo di storia per cui tifosi di altre squadre darebbero una fetta di cuore. Il presente purtroppo l’abbiamo in comune con tante squadre provinciali e il futuro – al netto delle fanfaronate – è un incognita. Grigia. Voglio solo ricordare che responsabile per la nostra situazione non sono io, non lo è nessun tifoso, nessuno evoluto, nessuno non evoluto, responsabile è chi possiede il nostro Milan. Responsabile da solo, come il proprietario di qualsiasi ditta, come un genitore. E che non basta festeggiare il seppur glorioso passato, ma bisogna assumersi le responsabilità per il presente e per il futuro. Se lui vuole un altro allenatore, lo deve cambiare. Se lui vuole una squadra più forte o più giovane o più vincente, deve provvedere. Se non gli piace l’operato di Galliani, lo cacci. Se non ha tempo, ceda. Noi tifosi ci metteremo il cuore, di più non abbiamo.