Per rimanere solo in questo secolo, la vittoria proprio in terra tedesca del mondiale da parte degli azzurri nel 2006, come conclusione, magari temporanea, di un cerchio aperto proprio ad Italia ’90, passante per le finali degli Europei del 2000. Il calcio.
E non solo, limitandosi al calcio, molto lunga è anche la storia dei passaggi da una parte all’altra del confine di giocatori, che fino ad una decina di anni fa era prevalentemente a senso unico dalla Germania all’Italia, ed anche allenatori: Trapattoni icona, ma anche un Nevio Scala che vince l’unica Coppa Intercontinentale di una squadra che oggi frequenta l’elite del calcio mondiale (B. Dortmund 1997).
Oggi il calcio tedesco è il modello europeo di riferimento, non tanto per i successi più o meno conseguiti in campo nazionale o di club, che comunque trovano sempre seri antagonisti in Spagna ed Inghilterra, ma assolutamente come metodo, come sistema, che appare, dopo la crisi riconosciuta ed affrontata proprio a ridosso del flop ai mondiali 1998 (Croazia Germania 3-0), come la strada vincente, con il suo connubio fortemente orientato allo sport come risorsa economica sociale, dai risultati sorprendenti sotto tutti i profili.
Da segnalare inanzitutto la decisione di introdurre centri professionali di formazione giovanili obbligatori per tutte le squadre delle Bundesliga A e B, con impiego di giovani talenti sia al livello di club che nella Nationalmannschaft. Inoltre, l’esistenza di „squadre B“ per gli U-23 facilita la formazione di giocatori rispetto al sistema italiano dei prestiti.
Anche il tifo, per anni molto improvvisato o comunque non cosi appariscente, in questi 15 anni è riemerso con una potenza ed un’importanza clamorosa, che trova la sua massima espressione mediatica nell’affascinante muro giallonero delle vespe della Westfalia, ma anche in diversi altri stadi.
Per lungo tempo, il riferimento dei tifosi tedeschi e di gran parte d’Europa sono state le curve italiane, oltre che le classiche torcide sudamericane, il che ha generato una consuetudine di rapporti che, anche con il crescere del fenomeno e delle presenze in Germania non è stata dimenticata. Anzi, grazie anche allo sviluppo delle attività dei gruppi di tifosi che in Germania detengono, per legge, il 50%+1 della proprietà del club, il peso e l’importanza dei rapporti è aumentato.
In Italia, dove il calcio è stato sempre il rimedio di tutti i mali, e contemporaneamente grigia terra di confine di regole e possibilità , (una specie di far-west sociale), gli ultimi anni sono stati conditi con la repressione da dare in pasto ai media. Ciò ha abbattuto l’affluenza del pubblico ed impoverito il movimento del calcio generale. Inoltre, si è visto un decadimento anche tecnico, dovuto alla scarsa organizzazione e valorizzazione dei vivai. La situazione, per chi si accontenta anche solo dei risultati sportivi, eccettuati l’estemporaneo triplete dell’Inter, e il sogno di mezza estate degli Europei con l’amaro risveglio degno del miglior barbiere di Siviglia (Spagna-Italia 4-0), parlano da soli.
I tifosi tedeschi, proprio grazie alla loro accresciuta organizzazione, oltre a difendere i loro diritti in maniera molto compatta, sono riusciti sempre a manifestare la loro solidarietà alle tifoserie italiane a loro collegate da storie e frequentazioni, sia verso gruppi ed anche come movimento, soprattutto nei momenti di grave crisi. Nelle amicizie e gemellaggi veri e propri, influisce anche il fatto che gli ultràs tedeschi vedano l’Italia come terra di nascita del movimento, a cui si ispirano, e seguono le vicende italiane con tanta attenzione. Molto importante per loro anche l’idea di poter „imparare“ da eventuali errori del movimento italiano o di combattere certe forme di repressione fin dall’inizio.
In occasione del caso Raciti-Speziale, o dell’omicidio Sandri, non sono mai mancate testimonianze di amicizia e condivisione dalla Germania, così come sostengono ancora e sempre, la battaglia contro la tessera del tifoso.
Mentre da parte delle curve italiane, soggette ad una crisi fortissima, dovuta all’indiscriminata repressione che di fatto, invece che riportare le famiglie allo stadio, ha lasciato le curve in mano ad irriducibili o addirittura a clan che poco hanno a che fare con il tifo, sicuramente c’e stata meno attenzione.
Così, mentre i gruppi tedeschi organizzano raduni per informarsi su temi strettamente italiani, come la tessera del tifoso, trasferte vietate o la famigerata „discriminazione territoriale“, i movimenti tedeschi come „12:12“ contro le misure repressive, „Sicheres Stadionerlebnis“ contro l’accanimento mediatico o „Kein Zwanni“ contro il caro biglietti passano pressoché inosservati in Italia, nonostante i grandi successi ottenuti dai ragazzi delle tifoserie organizzate.
Kai Tippmann/David Miani
Questo testo è stato realizzato in collaborazione con l’azionariato popolare „Sosteniamolancona“ Ancona Calcio.